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L’ARCA DEL GUSTO

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La Storia della Schita

La storia della Schita dell’Oltrepò Pavese è tramandata nella memoria delle generazioni. A oggi, sono in corso ricerche, curate da Cinzia Montagna, giornalista e fondatrice del gruppo Facebook  “La Schita dell’Oltrepò Pavese, per l’individuazione di documenti che ne attestino la preparazione e il consumo nei secoli scorsi sotto il nome di “schita”, quale giunto sino a noi.

Relativamente a materiali che attestano la consuetudine di produrre alimenti a base di farina, acqua e sale, ecco alcuni riferimenti:

Rosella Omicciolo Valentini, “Mangiare medievale”, Ed. Penne e Papiri, Latina, 2005. A pagina 30, l’autrice spiega come nel Medioevo, intorno al XI secolo, gli aristocratici monopolizzarono l’uso del forno. I contadini cambiarono, quindi, il proprio metodo di cottura del pane per non pagare la gabella del forno. Rinunciarono, in pratica, al pane vero e proprio e iniziarono a preparare le “farinate”, ottenute da un semplice composto di acqua e farina e cotte sul fuoco. Le farine dei contadini del Medioevo non vanno immaginate come quelle dei nobili, ottenute da grano, ma da cereali “minori”, a volte anche da legumi, farine di ceci e di castagne.

Pellegrino Artusi, “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene”, prima edizione Firenze, 1891 – Edizione consultata a cura di ALBERTO CAPATTI, Bur, Rizzoli, 2010 n° 153, p. 64, a proposito della “pasta matta” come base per torte salate “Si chiama matta non perché sia capace di qualche pazzia, ma per la semplicità colla quale si presta a far parte di stival che manca in diversi piatti, come vedrete. Spegnete farina con acqua e sale in proporzione e formate un pane da potersi tirare a sfoglia con mattarello”.

Si segnala la definizione di Schita nei seguenti dizionari:
a cura di Mino Baldi, “Dizionario dialettale Bronese – Italiano con detti e modi di dire”, Cremona, 2015 p. 344:
schita: focaccina, intriso di farina, acqua e sale fritta in padella

Giorgio Bigoni, “Dizionario dialettale olivese – Parole e modi di dire che rischiamo di dimenticare”, 2009, alla voce “paradela”, in alcune località dell’Oltrepò sinonimo di “schita”, soprattutto in relazione alla sua versione dolce:
paradela: appetitoso fritto a base di farina, acqua, sale e olio (detto anche “schita”)

Gaspare Magrotti, “Butunad ovverosia Bronesinerie”, Broni, 1992, dattiloscritto p. 59:
schita – focaccina fritta

La ricetta – Indicazioni bibliografiche:
Annalisa Alberici, “La tavola del gran pavese – Enogastronomia, cultura, tradizioni e folclore in Lomellina, Oltrepò, Pavese“, Franco Muzzio Editore, 1998
Robert Marchese, “Le ricette di mio padre – Ricette e ricordi di cucina nella tradizione locale e specialità estere”, vol. III, 2013
Andrea Vismara, “Ricettario Pellegrino – La cucina italiana in cammino”, Lit Edizioni SRrl, Roma, 2018

La Schita è pane?

No, se consideriamo “pane” i prodotti lievitati e cotti in un forno, ma sicuramente la Schita è un alimento che, eccetto l’assenza di lievito, utilizza gli ingredienti propri del pane. In questi video, Stefano Maggi, Professore di Archeologia Classica – Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Pavia, ripercorre la storia del pane e dei suoi significati simbolici dall’antichità al Medioevo, ricostruendo le probabili radici storiche della Schita.

Stefano Maggi – Il pane degli antichi – I parte

Stefano Maggi – Il pane degli antichi – II parte

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